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Era sabato notte. Eravamo sulla spiaggia.

Paul accese il fuoco, in silenzio, come sempre. Ci fu un tempo in cui quei silenzi erano carichi di parole, sembrava non esserne rimasta neanche una. Io volgevo le spalle al mare, quasi non mi accorsi di nulla.

Ero offesa, continuavo a essere offesa e davo le spalle a tutto, a lui, al mare, a quel vuoto che sembrava aver inghiottito tutto, anche le onde e pesci del mare.

Il fuoco aveva iniziato la sua danza, strideva forte contro i legnetti di fortuna trovati sulla spiaggia.

Continuai a guardare davanti a me ma i miei occhi cominciavano essere attratti da quel rumore che si faceva sempre più insistente. Picchettava sulle mie spalle.

Risvegliata dal torpore mi resi conto che non era il rumore del fuoco, erano le dita di Paul. Quando ci si metteva riuscire ad essere davvero fastidioso. Pensai seccata.

Ottene tuttavia il suo scopo, mi girai e guardai di nuovo il mare.

“Puoi essere offesa con me ma non posso permetterti di esserlo col mare. Tu lo ami troppo e io amo troppo vederti guardarlo”.

Paul sapeva che sarebbe stato sempre il secondo nella mia vita e aveva imparato che per vincere doveva allearsi con il mio amore numero uno: il mare.