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Ho iniziato a leggere questo libro un paio di mesi fa, è stata una lettura lenta, non perchè il libro lo fosse, tutt’altro. Voce di Sale di Luisa Sordillo si fa divorare, è avvolgente, cattura, non può non piacere, come è scritto anche nella postfazione del Neuropsichiatra infantile Maurizio Brighetti.

Io ci ho messo tempo per leggerlo perchè ho pianto tanto e non capita così facilmente. Ho capito dunque che dovevo rallentare e permettere a me stessa di nutrirmi a poco a poco delle emozioni che giungevano alla mia anima sensibile.

Lascerò ad un articolo su Puglia Eccellente, il giornale di cui sono direttore, il piacere di parlare di questo libro, di Luisa e di suo figlio Simone, della sua sfida all’autismo e dei progetti che ne stanno scaturendo.

Voglio solo riflettere su alcuni aspetti che mi hanno colpito e che poi approfondirò delicatamente con l’autrice.

“Non è l’autismo che fa sentire soli”.

La parola solitudine è ripetuta tante volte nel libro. Lo spettro autistico isola chi ne è affetto, isola la famiglia e le istituzioni sono ancora lacunose in tal senso. Certamente ci sono più associazioni di un tempo ma quelle che funzionano, e ne conosco alcune, sono quelle con maggiori risorse a monte, le altre si barcamenano come possono.

Gli amici e i parenti ci provano a includere e ad essere inclusi (parola blasonata e a mio avviso vuota!) ma l’autismo spaventa, più per la nomea che si porta, che non perchè concretamente sia più spaventoso di altre forme di disabilità. Ciò che non si conosce spaventa, è mostruoso, per questo dobbiamo porci in un atteggiamento di apertura e conoscenza.

Mi viene in mente il film i Goonies…chi lo conosce capirà di cosa parlo…

Un mio caro amico psicologo, educatore in varie occasioni di bambini/ragazzi autistici, mi ha fatto riflettere su quanto ci si possa affezionare ad un autistico esattamente quanto ad un bambino affetto da sindrome di Down. Si riceve molto da entrambi.

Questa è la riflessione, il cambiamento del punto di vista. L’autistico è speciale e può donare quello che ha ma l’ostinazione e la presunzione che possa essere come gli altri, e quindi la conseguente frustrazione che così non è, porta inevitabilmente all’isolamento suo e della famiglia.

Le mie sono riflessioni spicciole, sono stata sfiorata dall’autismo negli ultimi sei mesi e ho sentito il desiderio di capire e di voler cambiare il mio punto di vista. Voce di Sale è arrivato nelle miei mani esattamente quando ne ho avuto bisogno.

Sono solo pensieri ad alta voce, i miei pensieri che spero non offendano nessuno.

Sempre riflettendo, penso all’uso delle parole e dei concetti.

Gli autistici non hanno in generale capacità immaginativa, non possono sognare, loro sono concreti e sistematici, si nutrono di realtà e quando ci si discosta da essa vanno in tilt o fanno osservazioni che Luisa nel libro definisce buffe.

Mi soffermo sulla concretezza delle parole. In un mondo, quello attuale, in cui le parole servono a imbonire, incantare, finanche a prendere in giro e ad accusare, l’autistico ne fa un uso concreto, strettamente legato alla realtà che lo circonda. A me così sbagliato non sembra. Certamente non potendo immaginare perde una quota parte preziosa di vita. L’autismo è molto duro anche in questo.

Tuttavia se un autistico riesce a dire “Ti voglio bene” probabilmente lo penserà sul serio.

Chiudo questo post con una esperienza capitatami qualche giorno fa.

Camminando nel mio quartiere mi sono imbattuta in una mamma con un gruppetto di bambini. Nel momento in cui ci siamo incrociati uno di loro mi ha fermato con la mano, attraendo la mia attenzione e mi ha guardato dritto negli occhi, nello stupore apprensivo dei presenti.

E’ stato uno sguardo intenso e lungo, interrotto dalla mamma che lo ha ripreso e si è giustificata dicendomi che sicuramente mi ha confuso con qualcun altro. Io le ho ribattuto sorridente che mi capita spesso che alunni mi salutino e che ci deve essere una prof molto simile a me in circolazione.

Intanto questo angioletto prende una direzione opposta a quella della mamma che lo rimprovera. Io sono già oltre e sento alle mie spalle suoni e concitazione. Capisco che era un bambino autistico.

Bene, io non dovevo trovarmi in quel punto a quell’ora. Mi ci sono trovata per una congiunzione di ritardi e impegni sopraggiunti.

Credo che lui mi aspettasse, voleva incontrarmi e farmi sapere che c’era, che esisteva (ndr: sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali, tranquilli!)

L’episodio mi ha scosso molto e per questo ho deciso di dilungarmi sul blog per riflettere su Voce di Sale e su quel poco che sto imparando sull’autismo.

Vi rimando a Puglia Eccellente (www.pugliaeccellente.info) per continuare il discorso.