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Tempo di raffreddori e di naso chiuso. Il mio è chiusissimo e stando a casa a riposo dedico tempo alla scrittura e alla riflessione. Prezioso dono di cui sono sempre grata.

Mi capita spesso di soffermarmi sull’umanità. Rimane sempre per me affascinante il mistero di questa bellezza, che tante volte si fa brutta, ma molte altre, la maggior parte direi, riesce a essere bellissima, degna di attenzione e di stupore.

Una persona cara qualche giorno fa mi ha scritto “io sono tutto storto” e in quel preciso istante è saltata alla mia mente l’immagine dell’ulivo.

Attorcigliato, nodoso, storto ma quanta storia ha da raccontare? Quanta bellezza e meraviglia giungono ai nostri occhi quando nelle nostre suggestive campagne pugliesi ci imbattiamo in un albero di ulivo.

Dunque che significa che siamo storti? Che siamo fatti male? No, per niente.

Per come la vedo io essere storti e non aver paura di dimostrarlo è un atto di vita, la nostra vita, quella che abbiamo vissuto, che ci ha reso le persone che siamo oggi, nel bene e nel male.

La vita ci mette alla prova, fin troppo a volte, ma siamo sulla terra per sperimentare e sperimentarci.

Durante questo tempo possiamo diventare storti, possiamo graffiarci e questo ci riempie di paura ma, ecco un’altra immagine regalatami oggi da un’altra persona cara, la paura è una tigre di carta.

Fa spavento ma è solo carta.

Pensiamo agli origami, che belli che sono, ecco la paura può essere trasformata in questo, un susseguirsi di figure di carta, leggere, quasi impalpabili, che non nuocciono a nessuno. Sono lì, ci possono far paura, ci mettono in guardia ma fanno davvero male come sembra?

Siamo tutti storti, tutti spaventati…è un bene, abbiamo vissuto, possiamo raccontarlo, possiamo imparare dal passato e lasciarlo volare via come un aereoplanino di carta.

C’è troppo da vivere, troppo da conoscere, troppo da fare per pensare alle storture. L’ulivo non ci pensa, lui continua a crescere e più cresce più ne rimaniamo incantati.

Alla fine certe risposte sono nel luogo in cui siamo nati e che ci portiamo nel cuore ovunque andiamo.

Alla prossima!

Foto mia!

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Ho iniziato a leggere questo libro un paio di mesi fa, è stata una lettura lenta, non perchè il libro lo fosse, tutt’altro. Voce di Sale di Luisa Sordillo si fa divorare, è avvolgente, cattura, non può non piacere, come è scritto anche nella postfazione del Neuropsichiatra infantile Maurizio Brighetti.

Io ci ho messo tempo per leggerlo perchè ho pianto tanto e non capita così facilmente. Ho capito dunque che dovevo rallentare e permettere a me stessa di nutrirmi a poco a poco delle emozioni che giungevano alla mia anima sensibile.

Lascerò ad un articolo su Puglia Eccellente, il giornale di cui sono direttore, il piacere di parlare di questo libro, di Luisa e di suo figlio Simone, della sua sfida all’autismo e dei progetti che ne stanno scaturendo.

Voglio solo riflettere su alcuni aspetti che mi hanno colpito e che poi approfondirò delicatamente con l’autrice.

“Non è l’autismo che fa sentire soli”.

La parola solitudine è ripetuta tante volte nel libro. Lo spettro autistico isola chi ne è affetto, isola la famiglia e le istituzioni sono ancora lacunose in tal senso. Certamente ci sono più associazioni di un tempo ma quelle che funzionano, e ne conosco alcune, sono quelle con maggiori risorse a monte, le altre si barcamenano come possono.

Gli amici e i parenti ci provano a includere e ad essere inclusi (parola blasonata e a mio avviso vuota!) ma l’autismo spaventa, più per la nomea che si porta, che non perchè concretamente sia più spaventoso di altre forme di disabilità. Ciò che non si conosce spaventa, è mostruoso, per questo dobbiamo porci in un atteggiamento di apertura e conoscenza.

Mi viene in mente il film i Goonies…chi lo conosce capirà di cosa parlo…

Un mio caro amico psicologo, educatore in varie occasioni di bambini/ragazzi autistici, mi ha fatto riflettere su quanto ci si possa affezionare ad un autistico esattamente quanto ad un bambino affetto da sindrome di Down. Si riceve molto da entrambi.

Questa è la riflessione, il cambiamento del punto di vista. L’autistico è speciale e può donare quello che ha ma l’ostinazione e la presunzione che possa essere come gli altri, e quindi la conseguente frustrazione che così non è, porta inevitabilmente all’isolamento suo e della famiglia.

Le mie sono riflessioni spicciole, sono stata sfiorata dall’autismo negli ultimi sei mesi e ho sentito il desiderio di capire e di voler cambiare il mio punto di vista. Voce di Sale è arrivato nelle miei mani esattamente quando ne ho avuto bisogno.

Sono solo pensieri ad alta voce, i miei pensieri che spero non offendano nessuno.

Sempre riflettendo, penso all’uso delle parole e dei concetti.

Gli autistici non hanno in generale capacità immaginativa, non possono sognare, loro sono concreti e sistematici, si nutrono di realtà e quando ci si discosta da essa vanno in tilt o fanno osservazioni che Luisa nel libro definisce buffe.

Mi soffermo sulla concretezza delle parole. In un mondo, quello attuale, in cui le parole servono a imbonire, incantare, finanche a prendere in giro e ad accusare, l’autistico ne fa un uso concreto, strettamente legato alla realtà che lo circonda. A me così sbagliato non sembra. Certamente non potendo immaginare perde una quota parte preziosa di vita. L’autismo è molto duro anche in questo.

Tuttavia se un autistico riesce a dire “Ti voglio bene” probabilmente lo penserà sul serio.

Chiudo questo post con una esperienza capitatami qualche giorno fa.

Camminando nel mio quartiere mi sono imbattuta in una mamma con un gruppetto di bambini. Nel momento in cui ci siamo incrociati uno di loro mi ha fermato con la mano, attraendo la mia attenzione e mi ha guardato dritto negli occhi, nello stupore apprensivo dei presenti.

E’ stato uno sguardo intenso e lungo, interrotto dalla mamma che lo ha ripreso e si è giustificata dicendomi che sicuramente mi ha confuso con qualcun altro. Io le ho ribattuto sorridente che mi capita spesso che alunni mi salutino e che ci deve essere una prof molto simile a me in circolazione.

Intanto questo angioletto prende una direzione opposta a quella della mamma che lo rimprovera. Io sono già oltre e sento alle mie spalle suoni e concitazione. Capisco che era un bambino autistico.

Bene, io non dovevo trovarmi in quel punto a quell’ora. Mi ci sono trovata per una congiunzione di ritardi e impegni sopraggiunti.

Credo che lui mi aspettasse, voleva incontrarmi e farmi sapere che c’era, che esisteva (ndr: sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali, tranquilli!)

L’episodio mi ha scosso molto e per questo ho deciso di dilungarmi sul blog per riflettere su Voce di Sale e su quel poco che sto imparando sull’autismo.

Vi rimando a Puglia Eccellente (www.pugliaeccellente.info) per continuare il discorso.

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Pensieri

Ognuno di noi suona una musica propria che non tutti hanno voglia di ascoltare ma saggio colui che pensa che “la musica è bella tutta” perchè ha capito che siamo diversi e che abbiamo la stessa dignità di essere accolti e ascoltati.

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Il piacere della birra

Mio nonno mi ha insegnato a bere il vino e mio padre a bere la birra, Peroni naturalmente. D’altra parte noi baresi siamo cresciuti con il mito della Peroni, è un pezzo importante della nostra vista ed è stata, quasi per tutti noi, la prima visita didattica a scuola con tanto di focaccia e birra analcoolica offerta dall’azienda.

Con il tempo, complici gli amici, i pub, i viaggi e la mia innata curiosità, ho imparato ad apprezzare tanti altri tipi e marche di birra, molte straniere e ultimamente italiane, in bottiglia e artigianali alla spina.

La IPA è ormai la mia preferita.

Purtroppo a causa della mia intolleranza non posso eccedere e tante volte devo rinunciare al piacere di gustarmi una birra, che davvero per me è un rito, come il calice di vino d’altronde.

Boccali e calici sono la mia debolezza, lo ammetto.

In foto le birre artigianali a marchio Birrificio Bari. Ottime direi!

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Le fate ignoranti – la serie

Le fate ignoranti di Ferzan Opzetek è uno dei miei film preferiti da sempre. Uno di quelli che rivedo molto volentieri. In realtà ho avuto modo di apprezzare il regista turco anche per i suoi libri e per le sue messe in scena teatrali. Lo adoro!

Le fate ignoranti indaga l’amore in ogni sua forma. All’epoca quando uscì (2001) fece quasi scandalo per i temi trattati, dall’omosessualità al trasgender, al “diverso” in ogni sua forma. L’umanità fuori dai clichè perbenisti della società era raccontata in questo film, come anche nei successivi.

Io l’ho amato subito perchè la delicatezza e la poesia con cui Ozpetek riusciva a raccontare dinamiche allora ancora nascoste mi rapì davvero il cuore e continua a farlo tutt’oggi.

In virtù di tutto ciò quando ho sentito parlare di serie televisiva mi ha preso il magone. Ho pensato:”ora mi rovinano la poesia”. Sbagliavo di grosso!

Ho visto la serie e posso davvero dire che Ozpetek ha centrato un altro bel colpo.

Intanto il confronto Scarpetta-Capotondi poteva non reggere il confronto con Accorsi-Buy e invece questi giovani attori sono stati all’altezza dei primi due, giovani a loro volta all’epoca.

Su Serra che posso dire. continua ad essere mitica!

L’amore omosessuale è messo in scena in maniera esplicita, bella, romantica. Nemmeno il cinema si può più nascondere dietro un dito.

Credo che questa sia la vera vittoria.

Tutto lo staff è stato bravo e ogni personaggio ha lasciato un po’ di sè nel mio cuore.

Ho percepito la serie come una estrusione del film. Il film rappresentava un fotogramma, la serie racconta il prima, il durante e prospetta anche un dopo.

Ecco, sul dopo sono scettica, vorrei la sospensione. Mi piacerebbe che la storia rimanesse aperta e che ogni spettatore potesse scriverla secondo il suo sentire…chissà cosa ne verrebbe fuori!

Se non l’avete vista, io vi consiglio di vedere Le Fate ignoranti – La serie.

P.s.: io non guardo le serie, nemmeno durante il lockdown l’ho fatto. Questa però andava vista!

le fate ignoranti

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Diego & Frida: amore eterno

Frida può imparare da sola ma il confronto continuo e costante e ciò che tiene vivo il suo fuoco. Non la dia mai per scontata, non sia mai arrendevole. Non pensi mai di non poterle dire qualcosa e non abbia mai paura per lei.

Così Guillermo Kahlo concesse la mano di sua figlia Frida a Diego Rivera, una colomba accanto ad un elefante.

Questo piccolo libro della collana editoriale Amori Eterni ha concentrato la sua attenzione sui tratti salienti della relazione tra Frida e Diego, evidenziando l’eternità della loro storia e al tempo stesso la poca consapevolezza che entrambi avevano che il loro amore fosse in effetti eterno.

Certo è bislacco parlare di eternità per una relazione fatta di due matrimoni e altrettanti divorzi, di molteplici tradimenti, amanti e dissapori di ogni tipo.

Eppure Diego è rimasto al capezzale di Frida fino alla fine, portandone in alto il nome e soprattutto la sua arte, consapevole del fatto che fosse superiore alla sua.

La storia di Frida e Diego interroga sul significato della parola amore dimostrando che non si può apporre un’etichetta, non ci può essere un canovaccio precostituito e, soprattutto, la percezione dell’amore è del tutto personale.

L’amore si ribella alle convenzioni e agisce secondo strade tutte sue che ai più sono sconosciute poichè quelle note sono viziate dai clichè a cui ci hanno abituati.

L’amore non è un favola, per molti è un lavoro, per molti altri come me, l’amore basta all’amore, non ha nome, non ha un percorso, si costruisce da solo se lo lasci libero di agire, se non lo condizioni, se non lo imprigioni in pretese, aspettative e compromessi.

Amo Frida perchè ha trasformato il suo dolore in arte, ha amato tantissimo, con tutta se stessa, non solo Diego ma tutti coloro che sono capitati sulla sua strada. Lei semplicemente offriva la sua passione in maniera del tutto sincera.

Diego le ha donato la possibilità di vivere oltre il dolore, nonostante il dolore, di sentirsi viva fino all’ultimo giorno della sua vita. Ho la percezione che senza di lui lei sarebbe morta molto tempo prima e noi non avremmo avuto la fortuna di conoscerla attraverso i suoi quadri e la sua storia.

Ho un sogno, visitare la casa Azul in Messico. Chissà un giorno…

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Ciao Agosto e grazie

Voglio salutare questo mese di Agosto 2022 rendendogli la mia profonda gratitudine per i doni che mi ha fatto. E’ stato un mese denso di emozioni che rimarranno scritte nel mio cuore per sempre.

Ti sono grata Agosto per il viaggio in Calabria che ha sorprendentemente rinsaldato il mio forte legame con il Sud, in cui sono nata è vero, ma che non è poi così facile da amare. Eppure con i piedi in Calabria e lo sguardo verso la Sicilia ho sentito ancora più forte la mia origine meridionale che, probabilmente, va ben oltre la Puglia.

Qualche giorno fa una persona cara mi ha detto che sembro siciliana ed è vero. Il mio cognome non è pugliese ma viene dalla Sicilia e il sangue non mente mai. Chi ha una particolare sensibilità lo nota.

Quindi grazie Agosto per avermi resa ancora più consapevolmente “terrona”, cosa di cui vado fiera a dispetto di quanto possano pensare gli altri.

Questo mese un altro grande amore ha avuto la sua conferma, quello per il mare, sempre più uniti, sempre più vicini. Dopo molti anni sono ritornata a immergermi più in profondità. I grandi amori non si possono vivere in superficie, bisogna conoscerli profondamente. Così è stato e così sarà. Yornerò a nuotare in piscina e finchè potrò nel mare con gli occhialini sul naso per gustarne la profondità e per nuotare meglio.

Dunque grazie Agosto per la relazione più riuscita della mia vita, quella con il mare.

Infine Agosto ti ringrazio perchè, in collaborazione con il tuo amico Maggio, mese a me caro e che mi ha vista nascere, mi hai rimesso in stretta connessione con la mia anima. Negli ultimi anni ero troppo arrabbiata e ho un po’ dimenticato di ascoltarne la voce.

Questo rimettermi in ascolto mi ha permesso di ricevere il grande dono di ritrovare un’altra anima che, in un luogo e tempo indefiniti, mi era già stata accanto. Ci siamo riconosciuti subito ed è stata una esperienza meravigliosa accarezzare qualcuno che senti casa, pur non sapendone il perchè, e sentirne il tocco e l’essenza.

Non oso neanche egoisticamente sperare che possa rimanermi accanto ma ritrovarla e, soprattutto riconoscerla, è già stato un privilegio enorme che auguro a tutti almeno una volta nella vita.

Dunque caro Agosto 2022 sei stato un passaggio importante dopo tante delusioni, tante privazioni e tante cattiverie. Mi hai ridato tanto di quella me che in una decina di anni avevo perso strada facendo.

Con infinita gratitudine e amore grande fai buon viaggio nel mondo dei ricordi. Namastè.

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Una caletta naturale sormontata da scogliere e anfratti che si apre al termine di un costone a picco sul mare. La cala conosciuta anche come porto di Oreste per la leggenda, riportata da molti storiografi Romani, secondo la quale Oreste, perso il senno dopo il matricidio, lo riacquistò bagnandosi sette volte proprio nelle acque di Rovaglioso.

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Il 16 agosto del 1972 furono ritrovati e recuperati i Bronzi di Riace, attualmente conservati nel bellissimo Museo Archeologico di Reggio Calabria il MArRC, che ho visitato pochi giorni fa.

Per me è stata una emozione enorme vedere queste opere che assieme alla Gioconda, il David e la Pietà di Michelangelo e altri capolavori hanno costituito un mito negli studi di storia dell’arte e nella mia personale passione per l’arte.


Me li aspettavo più grandi ma sono praticamente a grandezza naturale e fatti in bronzo e rame e argento per i particolari. Abituata al marmo michelangiolesco a canoviano è stato incredibile vedere come tutte le parti anatomiche siano precise e reali.

Sembra davvero che da un momento all’altro i due guerrieri stiano per partire all’attacco. Sono veramente meravigliosi come tutto il museo che vi consiglio assolutamente di visitare perché anche didatticamente è fatto benissimo.

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Ti guardo dal basso verso l’alto con l’unico desiderio di inchinarmi alla tua bellezza decaduta.

Penso a quel Dio che ti isolò sullo scoglio per godere del tuo splendore e poi te lo tolse quando altri cominciarono a scoprirlo.

Stolto lui che, pur nella sua divinità, non aveva capito che il solo toccarti ti aveva reso divino per sempre.

Scoglio dell’Ulivo, simbolo della frazione balneare di Palmi (RC). Bene protetto grazie all’antichità e alla particolare conformazione della pianta.

È un luogo di grande suggestione e spiritualità, oltre che di forte energia. Non per altro l’ulivo negli studi di Bach è la pianta utilizzata per ridare vigore.