Ti amo Calabria Per gli assorti silenzi delle tue selve che conciliano i sogni dei pastori e le estasi degli eremiti. Ti amo per quel fiume di alberi che dalle timpe montane arriva ai due mari a bere il vento del largo frammisto all’aroma del mirto. Ti amo per le solitarie calanche chiuse da strapiombi di rocce che prendon colore dall’alga nata dallo spruzzo dell’onda… Ti amo per le spiagge deserte bianche di sole e di sale dove fanciulle invisibili sorelle di Nausicàa corrono sul frangente marino i piedi slacciati dai sandali. Ti amo per la fatica durata a domar le montagne, a bucarle, a intrecciarle a festoni di pergola, a cavarne grasse mammelle di moscato d’oro per mense di dei. Ti amo per l’aspro carattere fortificato da solitudini secolari, bisognoso di poche essenziali parole mai vacillante davanti alla congiura dei giorni. Ti amo, infine Calabria, per l’uomo che hai fatto di me in tante amarissime prove. Un uomo disinteressato e leale sempre aperto alla fiducia sempre disposto a dare senza niente ricevere in cambio. E ti amo pure, Calabria, per il male che brutalmente gli eterni làzzari della tua Storia han fatto a me il bisogno di assoluto di verità di giustizia di libertà di eguaglianza che tu mi desti col sangue. Minacciato di morte sommaria promesso al carcere a vita potei misurare dal bene che continuavo a volerti quanto tu fossi me, Calabria, quanto io fossi te, Calabria. Ti vedevo con gli occhi il sorriso la voce il passo di mia madre, e da quel momento cessai di temere, fui sicuro che la sofferenza durata avrebbe inserita la mia piccola storia di uomo in quella tua grande, Calabria, avrebbe creato un messo sempre più stretto tra tè che hai tanto patito nel tempo, ed io che portavo la mia parte di sale al tuo mare. E un giorno non troppo lontano unito a te nella zolla sarò anch’io Calabria, sarò il fremito dei tuoi alberi, il murmurc della tua onda, il sibilo dei tuoi uragani, il profumo delle tue siepi la luce del tuo cielo. Si dirà Calabria e anch’io sarò compreso in quel grande e immortale nome, anch’io diventato un ulivo dalle enormi braccia contorte spaccate dal vento dei secoli, anch’io sarò favola al canto che sgorghi improvviso come acqua dal sasso dalle labbra di un giovinetto pastore dell’Aspromonte, davanti al fuoco ristoratore di un vaccarizzo odoroso di latte e di redi nella lunga notte invernale. (Leonida Répaci)
Scatto (mio!) da Villa Pietrosa a Palmi (RC), residenza di Répaci.
Ritrovarti, anima mia bella, è stato come sentirsi fiume e saltare nel mare, baciata dal sole.
Ho trascorso la vita costretta nell’argine, levigata dagli incontri fugaci nel mio correre, senza sapere bene dove andare.
Più di una volta ho tentato la fuga scavalcando i bordi, per tornare costretta nell’incedere, piegata dall’impazienza di incontrarti, anima mia bella.
Successe nel tedio di un altro giorno qualunque. Scrutai distratta l’orizzonte senza aspettativa alcuna, pronta al prossimo fiasco, alla falsa partenza di turno.
Ti vidi nella luce. Un istante. Fu un raggio di sole, anima mia bella, a dissipare la paura di quel tuffo nella nostra libertà.
Se non hai tanta fretta potresti renderti conto di molte più cose. Se sei un uomo scopriresti che la donna che porti dentro sogna di poter mettersi a piangere e se sei una donna che l’uomo che porti dentro sogna di poter rendere conto della tua fragilità sprecata Scopriresti che quasi tutto quello che rimproveri agli altri è un rimprovero che hai evitato di farti Se ti dessi il tempo di contemplare il tappeto del paesaggio che hai tessuto con la tua vita potresti scoprire molti sentieri che hai saltato ai quali non potrai tornare E forse grazie alla tua scoperta smetteresti di far correre il giorno per raggiungere velocemente la notte smetteresti di scavalcare l’inverno per arrivare in fretta all’estate e con questo sapere allungheresti in modo considerevole la tua vita.
Maria Wine (1912- 2003) Poetessa e scrittrice danese-svedese
“Le donne fanno spesso l’errore di perdersi. Si perdono in amori sbagliati, in storie che le consumano, in amicizie deludenti, in giornate tristi. A volte, le donne si consumano. E un poco alla volta smettono di sorridere, di ballare, di meravigliarsi. E poi fanno l’errore più grande. Si dimenticano chi sono e come lo sono diventate. Dimenticano di essere speciali. E rare. Poi, però, ed è questa la bellezza delle donne, arriva un giorno in cui stravolgono tutto, e dicono “no, così non va”. E riaprono gli occhi. E in quel momento, guardandosi allo specchio, si ritrovano. In uno sguardo nuovo. In una pettinatura insolita. In una sfrontatezza improvvisa. Si riscoprono uguali, ma diverse. Più forti. Più vive. Ed è bellissimo quando una donna si innamora di sé stessa”
Non c’è viaggio senza gratitudine. Gratitudine per le partenze e per i ritorni. Gratitudine verso chi lasci e verso chi trovi. Gratitudine per l’aria che respiri. Gratitudine per i battiti del cuore. Gratitudine per le emozioni provate. Gratitudine per gli abbracci dati e ricevuti. Gratitudine per la meraviglia negli occhi. Non c’è viaggio senza gratitudine.
Foto della stazione centrale di Bari. Mia naturalmente.