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Tempo di raffreddori e di naso chiuso. Il mio è chiusissimo e stando a casa a riposo dedico tempo alla scrittura e alla riflessione. Prezioso dono di cui sono sempre grata.

Mi capita spesso di soffermarmi sull’umanità. Rimane sempre per me affascinante il mistero di questa bellezza, che tante volte si fa brutta, ma molte altre, la maggior parte direi, riesce a essere bellissima, degna di attenzione e di stupore.

Una persona cara qualche giorno fa mi ha scritto “io sono tutto storto” e in quel preciso istante è saltata alla mia mente l’immagine dell’ulivo.

Attorcigliato, nodoso, storto ma quanta storia ha da raccontare? Quanta bellezza e meraviglia giungono ai nostri occhi quando nelle nostre suggestive campagne pugliesi ci imbattiamo in un albero di ulivo.

Dunque che significa che siamo storti? Che siamo fatti male? No, per niente.

Per come la vedo io essere storti e non aver paura di dimostrarlo è un atto di vita, la nostra vita, quella che abbiamo vissuto, che ci ha reso le persone che siamo oggi, nel bene e nel male.

La vita ci mette alla prova, fin troppo a volte, ma siamo sulla terra per sperimentare e sperimentarci.

Durante questo tempo possiamo diventare storti, possiamo graffiarci e questo ci riempie di paura ma, ecco un’altra immagine regalatami oggi da un’altra persona cara, la paura è una tigre di carta.

Fa spavento ma è solo carta.

Pensiamo agli origami, che belli che sono, ecco la paura può essere trasformata in questo, un susseguirsi di figure di carta, leggere, quasi impalpabili, che non nuocciono a nessuno. Sono lì, ci possono far paura, ci mettono in guardia ma fanno davvero male come sembra?

Siamo tutti storti, tutti spaventati…è un bene, abbiamo vissuto, possiamo raccontarlo, possiamo imparare dal passato e lasciarlo volare via come un aereoplanino di carta.

C’è troppo da vivere, troppo da conoscere, troppo da fare per pensare alle storture. L’ulivo non ci pensa, lui continua a crescere e più cresce più ne rimaniamo incantati.

Alla fine certe risposte sono nel luogo in cui siamo nati e che ci portiamo nel cuore ovunque andiamo.

Alla prossima!

Foto mia!

Poesia

E gli occhi volano oltre il display

e le parole si ingarbugliano come gabbiani sbattuti dal vento.

Attendi bonaccia, anni che aspetti.

Sono sempre poche righe scritte su un foglio frettoloso,

pronto a volare via al primo soffio di vento.

E la clessidra si ostina a scorrere nel fascino pretestuoso del tempo.

C’è un cinguettio sul ramo, squilla il telefono.

Riabbassi gli occhi,

le parole tornano in riga.

La bonaccia te la devi guadagnare.